Storia (Articoli / Documenti pubblicati... fra il 1963 e il 1972)

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(da Forma sororum III (1966) 43-47)

Lettera aperta alle
clarisse d'Italia

di... autore anonimo che si firma "LUCE SERAFICA".

 

Sorelle carissime,

in ginocchio presso l’Altare ove tra una festa di lumi e fiori si eleva silenzioso l’Ostensorio di Gesù nascosto dai veli eucaristici, ho avuto vivo un pensiero per voi.
Al Maestro buono ho chiesto di rendervi tutte, una ad una, vere piccole imitatrici di S. Chiara, per una forte irradiazione di santità sul mondo intero. Di fatto sono sempre più convinto che tante pecorelle, sbandate tra le lande aride del peccato, troveranno la via attraverso la vostra luce di sacrificio orante.


Poi, lo confesso candidamente, quasi senza volerlo, sono caduto in una distrazione!..., eh sì, in una grande distrazione, domandando a me stesso quale argomento avrei dovuto trattare in questa intima spirituale ed invisibile conversazione... epistolare!
L’ispirazione mi è venuta dalla candida «Ostia consacrata» ed ho deciso: parlerò, o meglio, scriverò sulla virtù della Semplicità. Virtù piccola, in apparenza, ma immensa nella sua espansione: virtù poco conosciuta nel suo vivido e profondo significato, anzi spesso addirittura svisata nella pura etimologia della parola, ma virtù grande per chi studia di approfondirla con serietà.
In linguaggio umano, dire che una creatura è semplice spesso equivale a dichiararla scarsamente dotata e... di poco rendimento ecc. Forse tale errata concezione, può infiltrarsi un poco anche nel nostro ambiente, invertendo il vero valore della «Santa semplicità».

UNA LEGGENDA

Un giorno, narra un’alata leggenda, si vide bussare alla porta del Paradiso, una piccola anima dall’aspetto esteriore assai scialbo, anzi, addirittura insignificante! Il Portinaio dell’empirea città, la fece entrare con un gesto quasi di compassione e i Santi rimasero alquanto meravigliati nel vedere tra Loro quell’esserino di poca presenza e sgranarono ancor più gli occhi quando lo videro volare, volare assai in alto e ad un cenno del Re divino andarsi a sedere su di un seggio di singolare bellezza. Tra i Beati Comprensori si accese un vivace bisbiglio, perché non riuscivano a capire come una creaturina così fragile avesse potuto guadagnare un premio quasi superiore a quello degli Apostoli e dei Martiri. E man mano il bisbiglio divenne un vocìo generale: «Che cosa avrà mai potuto compiere di importante quell’animuccia?» si dicevano l’un l’altro, «qui siamo nell’Oasi dove regna la perfetta giustizia, e non ci possono essere ingiustizie!».
Finalmente Gesù si alza dal Suo trono e camminando nella Luce dà ordine all’Angelo Custode di quella nuova ospite celeste di spiegare il dubbio che metteva in tanta agitazione l’assemblea dei Santi. Lievi come un’aura primaverile risuonarono gli accenti dello spirito alato: «L’Anima umile e piccola che avete visto volare così in alto ha intrecciato sulla terra la sua corona di grandezza vivendo da silenziosa eroina, nel compimento dei più semplici doveri. Ha amato Dio con tutto il cuore e non ha mai contristato il prossimo. Il tempo trascorso nell’esilio è stato un “grazie di pura semplicità!” e per tale semplicità di pensiero, di parola e di azione, ha meritato un riconoscimento così grande dal Signore dei Cieli!».
I Santi compresero quale sforzo di virtù e di eroismo abbia richiesto una tale fedeltà ed il loro «Sanctus» si elevò più vibrante a gloria di Dio.
In questa graziosa «narrazione immaginativa» ogni Clarissa può ricavare un grande insegnamento per la propria elevazione: «non si diventa importanti per quello che si fa, ma per quello che si è !».

VALORE DELLA SEMPLICITÀ

Beati i puri, cioè i semplici di cuore, perché vedranno Dio!
La santità, sorelle mie, è semplicità: più l’anima si unisce a Dio con affetto illibato e più si trasforma in Lui!
Se la Semplicità è la prerogativa delle creature prescelte, vorrei dire che lo è in modo del tutto speciale dei Figli di S. Francesco e di S. Chiara, la cui santità è stata eroica semplicemente. L’anima del nostro Serafico Padre era pura, semplice, genuina come polla di acqua sorgiva: in Lui non vi era la minima ombra di complicato, di affettato! Egli amava la bianca pietra che gli serviva da mensa e il limpido ruscello, semplicemente, perché erano un riflesso vivo della Sua purezza interiore.
Dio, Essere semplicissimo, ama rispecchiare Sé stesso nelle creature e quanto più un’anima diventa semplice, tanto meglio irradia l’immagine di Dio Uno e Trino che la possiede dominando sul suo cuore in grazia.
Gesù, semplicità incarnata, lasciando i Cieli per accettare una vita di sofferenza, ci ha meritato la vita soprannaturale, ridonandoci a prezzo di sangue, la possibilità di essere puri tabernacoli dell’Altissimo, figli di Dio e suoi fratelli, capaci di meritare l’eterna felicità.
Dio, Essenza semplicissima è uno in tre persone uguali e distinte, come insegna il Catechismo, e in un abbraccio di infinita semplicità si svolge la Vita intrinseca del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, non solo in Paradiso ma anche nel mistico tabernacolo di ogni anima, libera dalla colpa.
Sorelle dilettissime, come è bello vivere questo mistero ineffabile dell’unità e Trinità SS.! Esso è profondo assai più dell’immenso mare e resta sempre semplicissimo, e più la creatura si apre con generosa schiettezza alle invasioni celesti e più lo vive e lo fa trasparire nella cristallina semplicità della sua vita.
Dio Trinità è un Mistero che i dotti studiano, ma i semplici spesso comprendono meglio, perché il Signore predilige i piccoli e su di essi infonde con maggior effusione la sua luce inaccessibile.

SEMPLICITÀ FRANCESCANA

A San Francesco che si dichiarava «pubblico peccatore» uno dei suoi fraticelli disse un giorno: «Padre, come puoi affermare così con la vita penitente che meni?»... «Eh, figlio mio! rispose con voce tremante il Santo, se il Signore avesse dato al peggiore essere del mondo le grazie concesse a me, egli avrebbe corrisposto assai meglio»!
Ecco come si ritengono, davanti a Dio, le anime elette, le anime rivestite di angelica semplicità. Il nostro Serafico Padre possedeva in grado eminente una semplicità di sguardo che Lo ha reso grande fra i più grandi geni della santità: nessun pulviscolo di terra grigia ombrava i rapporti fra il Poverello della Verna e il Crocefisso del Golgota. Egli aveva l’occhio costantemente fisso nel suo Signore e suo Tutto, «Deus meus et omnia», e si proibiva ogni ritorno su se stesso, perché lo avrebbe distolto dall’Unico oggetto del suo amore!
E S. Chiara, che ha camminato «in santa semplicità» dietro le orme del Serafico Padre, non preferiva chiamarsi «la piccola pianticella di Francesco»? ciò era lo stesso che dire «la piccola pianticella di Gesù»!
Che cosa significa dunque essere semplici?
Dio, lo abbiamo già detto, è semplice, perché è Uno nella Sua Trinità sacrosanta: una creatura è semplice quando... non è complicata! Uno sguardo è semplice quando riflette Dio per cui l’uomo vive e agisce senza altri fini che lo distolgano da Lui!
Tutto è secondario per un’anima, specialmente consacrata, che cerca Dio solo. E chi più e meglio di una Clarissa – che ha abbracciato l’ideale di Francesco e Chiara – è in grado di cercare Dio solo?
Non è degna della eterna Carità la creatura che, prescelta a seguire i consigli evangelici, si lascia distogliere da un fine così luminoso, per perdersi in sciocchi miraggi di terrene soddisfazioni.
E guardate che non è difficile scivolare dal livello di una vocazione eletta, se, insieme all’ideale altissimo della completa donazione, si frammischiano meschine vedute di amor proprio. Difatti la visione umana delle cose e delle persone è il peggiore ostacolo per la realizzazione dei disegni di Dio sull’anima singola ed anche su di un’intera Comunità.
Però la creatura semplice, che vuole solo Dio e in Lui vede tutto e tutti, apre da sé, per la retta intenzione che la guida, la via sicura nell’ardua ascesa che porta al monte della Santità!
La Santità, è stato scritto, si forma tra la sofferenza! Però, questa inevitabile sofferenza diventa gaudiosa per lo spirito semplice e puro. Chi sa vedere «creature ed eventi» attraverso la chiara lente della santa semplicità, accetta qualsiasi cosa come manifestazione della divina Volontà e quindi sa gustare, più dell’amaro, la stilla dolce nascosta in fondo al calice quotidiano.
Nulla può turbare l’anima che vive con semplicità la sua esistenza di nascosto sacrificio, perché sa che attraverso il sacrificio si progredisce nell’amore e ad un forte amore niente resta arduo.
Se vi accade di trovarvi turbate o stanche, ciò dipende dal fatto che si cerca qualche cosa fuori di Dio, ossia, non si aderisce con semplicità di cuore alle espressioni del suo santo volere.
Per chi crede alla Bontà del Padre dei Cieli e pensa che tutto, fino alla caduta di un capello, Egli dispone con immensa soavità, anche la sofferenza (sorella inseparabile di ogni singola esistenza umana) si riveste di pace, e si illumina di soprannaturale carità.
L’anima semplice ha una sola preoccupazione: che Dio sia contento di lei; il resto non la tocca affatto e molto meno intralcia la sua ascensione spirituale. San Francesco nostro, forse, è stato il Santo che più ha irradiato la divina semplicità: basta scorrere i Fioretti, per averne sicura prova.
Meditiamo spesso la bella esclamazione: «Ti saluto, o Regina Sapienza, il Signore ti salvi con la sorella tua, la santa pura Semplicità! La santa Sapienza confonde satana e tutte le sue malizie; la pura semplicità, confonde tutta la sapienza del mondo e della carne!».
L’accento dell’umile Francesco è candida eco di quello del Maestro divino «Ti rendo lode, Padre, Signore del Cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli, cioè ai semplici di cuore!».
Vivete dunque, sorelle Clarisse, di semplicità, che è purezza di sguardo nello sguardo di Dio, per elevarvi così a quella serafica santità clariana che è richiesta dalla vostra stessa vocazione.

Ve lo augura

LUCE SERAFICA